Lo ammetto, ho messo gli occhi addosso al nuovo tablet di Google, quello prodotto assieme ad Asus, l’oramai famoso Nexus 7. Di certo il prezzo basso, attorno ai 200 euro, e le caratteristiche del processore, un Tegra 3, hanno destato l’attenzione non solo mia. E le prime recensioni parlano di prestazioni da Tablet di gamma alta, paragonabili con dispositivi tre volte più costosi. In tutto questo marasma mi sono però accorto di una cosa: non ho ben chiaro cosa si intende quando sento parlare dello schermo touch screen capacitivo di un tablet. E men che meno conosco gli aspetti che lo differenziano da uno schermo resistivo. Per questo mi sono messo di buona lena a studiare, ed ecco quello che ho imparato.
I touch screen sono come il prezzemolo…
Li possiamo trovare in ogni luogo. E non mi dite che non è così, che la tecnologia è troppo giovane, troppo costosa, troppo all’avanguardia e che è stata inventata da Apple. Perché se proprio vogliamo andare a fare le pulci agli schermi di tablet e smartphone non possiamo fare a meno di guardare agli anni ’60. Sì, sono più di cinquant’anni che abbiamo a che fare con schermi touch, per lo più resistivi. Se vivete in una grande città, tipo Milano, ogni volta che fatte un biglietto della metropolitana utilizzate uno schermo touch screen. Lo stesso si può dire per le biglietterie automatiche presenti in tutte (bé, quasi) le stazioni ferroviarie italiane. E che dire dei bancomat o dei caselli autostradali.
Sì, lo so, tutti questi utilizzi non sono sbandierati, non vengono usati spesso come esempio. Ma l’ho già detto altre volte, e non mi stancherò di ripeterlo, la tecnologia segue un suo percorso ed è raro trovare a poco prezzo (relativamente) delle tecnologie veramente nuove. Dal GPS utilizzato in ambito militare a Internet nato per ragioni strategiche noi usiamo quotidianamente tecnologia già vecchia di decenni. E continuiamo a illuderci pensando di essere all’avanguardia. Ma a ben pensarci questo è un discorso che non c’entra poi molto con le differenze tra schermi capacitivi e schermi resistivi.
I touch screen resistivi
Contrariamente a quello che sentiamo dire in giro gli schermi più diffusi sono di tipo resistivo. Sì, i moderni iPhone, iPad e gli smartphone Android sono una bella quota di device capacitivi. Ma se scorrete l’elenco che vi ho fatto poco fa lo noterete da soli: resistivo è meglio per quei dispositivi. Perché?
A dire il vero non c’è un’unica ragione. Sicuramente i prezzi degli schermi resistivi sono più bassi rispetto ai corrispettivi capacitivi, e questo conta molto per le aziende. Anche se, penso io, nei prossimi anni i costi di mercato dovrebbero convergere. C’è poi un fattore di robustezza e di praticità nell’utilizzo all’aperto.
In pratica uno schermo resistivo è costituito da due strati separati da uno spazio minuscolo. Quando premiamo con il dito sullo schermo superiore creiamo un contatto che genera tensione. E questo permette al dispositivo di comprendere le nostre intenzioni. Lo svantaggio di questa tecnica è evidente quando confrontiamo uno schermo di resistivo con uno capacitivo: minor precisione, e multi touch assente o comunque non efficace come piacerebbe.
Ma uno schermo resistivo può essere utilizzato con qualsiasi cosa: le dita, una matita, una penna, un pezzo di legno. E con i guanti. Android e iPhone sono strumenti spettacolari ma non utilizzabili d’inverno in un cantiere, su una piattaforma petrolifera e per tutta una serie di lavori fondamentali. Servono degli schermi da poter usare anche con i guanti, d’inverno. O con la possibilità di utilizzare una penna per scriver, per firmare, per modificare valori o mappe. E, magari, schermi da poter coprire con una plastica, con un contenitore per evitare che si bagnino. Già, perché uno schermo resistivo può essere ben protetto anche spendendo poco, e continuare a funzionare senza alcun intoppo.
I touch screen capacitivi
Tranquilli, se pensate di aver capito qualcosa state sbagliando. Ora siete convinti che gli schermi resistivi costino poco perché sono nati prima, vero? E qui vi sbagliate, perché è vero il contrario. Gli schermi capacitivi nascono dieci anni, circa, prima dei resistivi. Ma il loro funzionamento e le loro caratteristiche li rendono inadatti a un utilizzo industriale e professionale, e questo rallenta non poco la loro diffusione.
Abbiamo detto che uno schermo resistivo funziona grazie alla pressione esercitata sullo schermo. I capacitivi, invece, non devono essere schiacciati e funzionano riconoscendo il campo elettrico umano. Sì, tutti noi generiamo una piccola quasi inutile corrente. E proprio questa viene utilizzata dagli schermi touch screen.
Anche in questo caso lo schermo è doppio ma non c’è spazio tra uno strato e l’altro. Lo strato superiore, in genere di vetro, funziona come isolante. Quando avviciniamo il dito allo schermo lo schermo inferiore registra una variazione del campo elettrico e da questo deduce la posizione del nostro dito. Anzi, fa di più, riesce a capire anche quante dita si sono avvicinate e a modulare il comportamento del software di conseguenza: ecco la base del funzionamento degli schermi multi touch.
I vantaggi di questi schermi sono diametralmente opposti a quelli degli schermi resistivi. Abbiamo un sistema più reattivo, scattante, ma non possiamo usare le sue funzioni con qualsiasi cosa. Abbiamo a nostra disposizione solamente le nostre dita, e dobbiamo toglierci i guanti anche solo per poter scrivere un SMS. Gli schermi capacitivi sono, in genere, più sottili e più brillanti, i colori più vivi, la definizione maggiore. Ma diventano anche più difficili da proteggere, anche quelli realizzati utilizzando vetro di qualità speciale.
Alla fine di tutto questo una cosa l’ho capita. In pratica se abbiamo bisogno di uno strumento di lavoro, resistente, funzionale, adatto a tutti i climi e a tutte le stagioni, allora ci conviene puntare sui resistivi. Se, invece, vogliamo seguire la moda e il vezzo dei tablet e smartphone non possiamo non avere un dispositivo capacitivo.
Che poi, io comunque aspetto con trepidazione l’arrivo in Italia del tablet di Google.
1 commento
Salve,
saprebbe chiarirmi che tipo di schermo monta l’eReader ‘Kobo Glo’ (…pare sia ad infrarossi IR).
In pratica si tratta di un 3° o 4° tipo*…ma che e più vicino (come caratteristiche) al resistivo o al capacitivo?
Se si tratta di un sistema a parte, possiede la funzionalità ‘multitouch’ (…come nel Kindle Paperwhite di Amazon)?
Ringrazio anticipatamente…
P.S.
*…dato che leggo in alcuni siti di un sistema ‘ottico’ (tipo in quei LCD PC touchscreen, quei computer con tutti i componenti integrati dietro il monitor).